Trappist-1 o degli infiniti mondi di un universo infinito
Così scriveva cinque secoli fa Giordano Bruno nel suo De l’Infinito, Universo e Mondi e ne aveva tratto che, fuori dalla gabbia del geocentrismo, gli uomini possono finalmente spiccare il volo per sperimentare le infinite vie del pensiero, del conoscere, dell’agire. Bruno influenzerà Galileo, Descartes, Leibnez, e poi in epoche a noi più vicine, Einstein e tutti coloro che negli ultimi decenni hanno ipotizzato che il nostro sia uno dei tanti universi possibili.
E mentre, nell’intento di conoscere meglio il nostro universo, siamo atterrati su Marte, negli ultimi 20 anni si sono susseguite le scoperte di pianeti extra-solari (oltre 3 mila sino ad oggi) fino al materializzarsi di Trappist-1 che non ha nulla a che fare i frati Trappisti ma è solo una sigla che designa un sistema di sette pianeti lontani 39 anni luce da noi, ancora giovani visto che hanno un’età di solo –si fa per dire- 500 milioni di anni (una bazzecola rispetto al Sole che è un vecchietto che porta bene i suoi 4,5 miliardi di anni).
A destare scalpore e marcare l’eccezionalità della scoperta è che il settetto ha dimensioni simili alla Terra che li rendono, seppur in parte, abitabili, concetto usato per esprimere l’esistenza di acqua. Per gli scienziati le stelle nane ultrafredde – più piccole e con una luminosità pari a un millesimo di quella solare- come Trappist-1 sarebbero in grado di ospitare molti pianeti con caratteri terrestri.
Ma da qui a parlare di possibilità di vita simili alla nostra ce ne corre, visto che le condizioni minime necessarie perché si formi la vita per la biologia evolutiva non si limitano alla presenza di acqua ma sono tante. Per questo motivo la Nasa lancerà il prossimo anno il James Webb Space Telescope per dare un’occhiata più da vicino all’atmosfera di eventuali pianeti abitabili.
Resta il fatto che la scienza si trova di fronte a una grande sfida: capire se su due pianeti diversi la vita si evolva in modo analogo o se l’evoluzione può far scaturire forme sempre più complesse, che potrebbero mettere in discussione il nostro concetto di vita. L’acqua è stata determinante per la nascita di vita sulla Terra, ma questo non significa che il principio debba essere replicato sempre e ovunque, afferma qualcuno. E ancora, che la presenza di vita contempli in automatico anche l’esistenza di esseri intelligenti.
In realtà, sintetizza Paul Davies, fisico e scrittore, “non abbiamo ancora scoperto il principio originante della vita“. Insomma, siamo tornati al punto di partenza. E alla nostra incapacità di vedere oltre il dito se continuiamo a utilizzare le solite lenti. Qualcuno lo aveva già capito un po’ di tempo fa sedendo e mirando interminati spazi sotto un ermo colle in un punto minuscolo e invisibile di uno dei miliardi di pianeti di una delle tante galassie.