Il ritorno di Giovanna D’Arco
Alcuni anni fa Maria Luisa Spaziani confessava di avere scritto un poemetto su Giovanna d’Arco “con passione e inesplicabile furia”. Passione e rabbia che pervadono anche Giovanna d’Arco-La Rivolta, testo d’esordio di Carolyn Gage, scritto nel 1987, diventato uno spettacolo, con la regia di Ester Tatangelo e Luchino Giordana, interpretato da Valentina Valsania, che ha aperto la 17ma edizione di Primavera dei Teatri a Castrovillari (Cs)
Perché qualunque sia l’idea che abbiamo di Giovanna, qualunque sia il ritratto che nei secoli ne hanno dato scrittori e musicisti, a teatro e al cinema, di giovane ingenua e disinteressata, devota e caritatevole o forte e volitiva, comunque alla Pulzella più famosa della Storia non si può restare indifferenti. A 13 anni Jeanne Romée comincia a sentire le voci che le chiedono di soccorrere Carlo VII di Francia nella guerra contro gli inglesi. A 17 conduce l’esercito francese alla vittoria, anche se le sorti della guerra sembrano apparentemente segnate in favore dei cugini d’oltremare. A 19 cade nelle mani degli inglesi e, con la complicità della Chiesa, viene messa a morte sul rogo. Una vita breve e intensissima, appassionata e drammatica, che lascerà un segno indelebile nella storia e nella cultura francese, e non solo, diventando un mito.
Ad esserne colpita è anche Carolyn Gage, drammaturga, performer, regista e attivista americane, che racconta una Giovanna fuori dagli schemi, ribelle, irriverente, scaltra più dei suoi giudici, impenitente e incrollabilmente fedele alla propria visione. In una parola, eretica. Una donna che si taglia i capelli, si veste da uomo, guida eserciti, si lancia in battaglia, più volte viene ferita e più volte riprende le armi. Lei, una contadina analfabeta, dialoga, disserta, tiene testa con argomentazioni di alta teologia a regnanti, letterati, alti prelati, li prende in giro, usa le armi dell’ironia e del sarcasmo per smascherare la pesante cappa di misoginia che la avvolge.
E’ una Giovanna forte e libera, consapevole della sua identità e di dove vuole arrivare, capace di trasformare
La Gage ne fa una ragazza anoressica, in fuga da un padre violento e dal destino che qualcun altro ha cucito su di lei, che torna sei secoli dopo per aiutare le sue sorelle a intrecciare i fili che connettono generazioni di donne di ogni tempo. Giovanna-Jeanne è ognuna di noi, compresa la Carolyn che fugge da famiglia e lavoro per fare il suo coming out, rendendo pubblico il suo essere lesbica.
Gage parte dalle fonti storiche e dagli atti ufficiali del processo, per costruire un personaggio a tutto tondo, bel lontano da quello di martire, eroe, santa consegnatoci dalla storia ufficiale, che rivendica la sua purezza e la sua intransigenza, destando ammirazione, complicità, ma soprattutto paura, anche in colui, Carlo VII, per il quale la Pulzella combatte e muore.
Giovanna con le sue visioni e la sua testarda determinazione che la rendono inaccessibile e irriducibilmente sola. A capo dell’esercito o in prigione, è sola, sempre, questa “bambina sacra”, chiusa in una torre con le sue voci, con la sua irrimediabile diversità rispetto all’immagine di donna, moglie e madre, con la sua identità forte e potente. La stessa che la porta sul campo di battaglia, sotto le mura da espugnare, che la fa rialzare ogni volta che viene ferita, che la fa gridare di rabbia ogni qualvolta viene negata nella sua essenza.
La mia storia non è solo mia, dice la Giovanna-Jeanne della Gage, non è un tassello come tanti nella Storia con la maiuscola, ma è la storia di tutte le donne, come lo sono la sua sofferenza, le sua crociate, i suoi errori. E le sue voci, che non mentono perchè arrivano da dentro, dal nostro io più profondo, e ci richiamano, tutte, a noi stesse, ai nostri bisogni, alla nostra felicità, a una esistenza piena e libera.
E in tempi come questi in cui i numeri della violenza e dell’aggressività maschile contro le donne, a qualsiasi latitudine, nel ricco Occidente come a Sud del mondo, aumentano in modo esponenziale, le parole che Gage mette in bocca a Giovanna meritano di essere ascoltate e meditate con attenzione.
(Questo testo è la rielaborazione di un articolo pubblicato su www.linkingcalabria.it)