Gianni Amelio e lo spazio della scrittura
C’è uno spazio tra la pagina scritta e la narrazione per immagini che chi fa cinema deve necessariamente imparare a frequentare se vuole ‘raccontare’, nel suo senso più intimo e profondo.
Gianni Amelio da viaggiatore senza sosta qual è del nostro presente, quello spazio l’ha frequentato e continua a farlo, esplorando nessi, stratificazioni, rimandi. Con Politeama, uscito nei mesi scorsi, nei tipi di Mondadori, il regista calabrese si cimenta con la narrazione per eccellenza, il romanzo. Che registra il ritorno al suo Sud, alla Calabria da cui è partito molti anni fa. Un Sud che ami e odi, che ti avvolge in un abbraccio caldo e a volte mortifero. Un Sud che avverti madre-matrigna, di cui ti senti figlio e orfano insieme.
Anche Luigino è figlio di questo Sud, in cui mangi pane e rabbia. Un bambino solo, un padre che non c’è e una madre che trova il suo spazio vitale nella follia, che vive in un piccolo lembo della Calabria degli anni ’50. Non ha nulla se non la sua voce e il desiderio di cantare. Il canto diventa il proprio modo di stare al mondo, anche se hai una voce femminile in un corpo maschile, anche se sei umiliato, calpestato nella tua identità. Come un personaggio dickensiano, Luigino percorre il suo cammino irto di ostacoli, ai quali ha tuttavia la forza di ribellarsi.
Un libro di sentimenti, come dice lo stesso autore, di sofferenza e riscatto, in cui ci si interroga sul modo di essere padre e madre ma anche sull’ essere diversi in una società in cui il pregiudizio è un serpente sempre pronto ad alzare la testa.
Politeama non è un’autobiografia anche se, precisa Amelio,

Una storia crudele e dolcissima, raccontata più con la passione per il racconto, per i tempi narrativi e le immagini, del regista, che con lo sguardo giudicante del narratore. Amelio mette un altro tassello nel suo corpo a corpo con la scrittura, iniziato da bambino e alimentato nel tempo come critico cinematografico e letterario e poi come sceneggiatore di buona parte dei suoi film, sceneggiature (da Porte aperte a Colpire al cuore al Ladro di bambini, Così ridevano, Le chiavi di casa) con le quali si è aggiudicato ambiti riconoscimenti.
Non è un caso forse che Politeama sia stato scritto in contemporanea con la sceneggiatura di Tenerezza, la pellicola con la quale Amelio tornerà tra qualche mese sugli schermi. Ne sono venuti fuori incastri tra storie e piani narrativi tutti da esplorare. A quanto è dato sapere dalle prime anticipazioni, nel film è Napoli, ancora il Sud dunque, a fare da sfondo a due storie di famiglie borghesi, apparentemente ‘normali’ in cui si intrecciano amori, sentimenti e contraddizioni. Anche qui, come nel romanzo, ritornano i nodi irrisolto del rapporto tra padri e figli, ma anche l’impossibilità di sfuggire a sé stessi, la necessità di amore e di tenerezza, allo stesso tempo un bisogno cui non possiamo sottrarci e una via d’uscita comune a tutti, che implica la supremazia delle ragioni del noi su quelle dell’io . Stratificazioni narrative che ritornano infine nella scelta del regista calabrese di utilizzare il romanzo di Lorenzo Marone, La tentazione di essere felici, come punto di partenza che l’ha condotto a una attenta opera di riscrittura, già sperimentata nei precedenti film. Stupendoci ancora una volta nel percorrere le infinite strade della narrazione.