Extraordinary visions, 70 anni di storia italiana in mostra al MAXXI
Visi di bambini di razze diverse, solari, sorridenti, sognanti o pensierosi, imbarazzati o immusoniti, impresse in centinaia di foto, si sporgono dalla facciata del MAXXI a Roma.
L’allestimento si intitola Costruiamo la comunità del XXI secolo e si inserisce nel progetto InsideOut, firmato dallo street artist francese JR che lo sta portando in giro per il mondo. Facce che raccontano un Paese multiculturale, multietnico e plurale, uno spaccato significativo, ma non il solo, dell’Italia del Terzo Millennio esplorata dalla mostra Extraordinary Visions. L’Italia ci guarda, aperta al MAXXI sino al 23 ottobre. Una finestra aperta su un’Italia a geometria variabile, filtrata dall’occhio di 40 grandi fotografi, da Letizia Battaglia a Gianni Berengo Gardin a Francesco Zizola a Silvia Camporesi con il suo Atlas Italiae.
150 foto, video, per comporre una mappa di ciò che siamo o che vorremmo essere, utilizzando come piani di lettura l’arte, l’architettura, la cultura, la moda, il paesaggio. Ma l’obiettivo fotografico ritrae anche un Paese che è cresciuto man mano attraverso la stagione delle lotte politiche e sindacali, le occupazioni, le leggi sul lavoro femminile, la piaga della disoccupazione, i movimenti carsici di un tessuto sociale ed economico che la crisi degli ultimi anni ha scosso in profondità.
Un racconto che parte dal made in Italy, che compendia identità e storia, ma anche il marchio noto in tutto il mondo, per assumere lo sguardo dell’antropologo e del sociologo che indagano mutamenti minimali ed epocali intervenuti nel corpo fisico del territorio, nei suoi paesaggi, sedimentati nell’immaginario comune e oggetto di stereotipi versus i paesaggi reali, quelli delle coste invase dal cemento, delle città e delle sue periferie relegate al ruolo di dormitori, abbandonate a sé stesse, di fette –purtroppo sempre più ristrette- di territorio sottratte alla mano dell’uomo per essere restituite alla natura.
La mostra indaga anche Il corpo dello Stato, gli spazi istituzionali dove si amministra e si esercita il potere politico, ma anche quelli in cui si dispensa un altro tipo di potere, quello criminale. E viene in mente la teoria dei due corpi del re, che si radica nel Medioevo, che affianca al corpo fisico del regnante quello simbolico, metafora di un potere perenne e incorruttibile che travalica l’uomo per conferire legittimazione piena all’autorità.
Davanti all’obiettivo scorrono volti e luoghi di 70 anni di storia repubblicana, che la mostra intende celebrare, frammenti di ordinaria quotidianità che sfuggono a ogni tentativo di incasellamento perché pezzi di una realtà impalpabile e sfuggente, mutevole e oscura, che percorre la dimensione quotidiana dell’esistenza e la stravolge, capovolgendo spesso l’ordinario nell’ extra-ordinario. Spazio esteriore che combacia a perfezione con quello interiore, un legame esplorato più volte dall’arte e dalla letteratura, dal cinema e dalla fotografia, dai paesaggi urbani di Ghirri alle periferie di Basilico alle geometrie abitative di Gomorra, nella trasposizione cinematografica di Matteo Garrone, spazi liminali, marginali e deserti, perfetta rappresentazione del Bel Paese.